Poesia sabbatica: “Preghiera”

Tag

,

 

PREGHIERA

 

chiedo al cosmo

di darmi parole infinite

parole galassie

parole stella

 

chiedo all’aria

il verbo degli angeli

il coro dei santi e dei beati

dei giusti e degli arcangeli

 

chiedo al cielo

il canto delle nubi e del vento

del fulmine e del tuono

dell’acqua e della pioggia

 

chiedo al mare

il grido degli oceani

e l’impeto dell’onda

la schiuma immacolata

la furia dei marosi

 

chiedo alla terra

lo stormire delle foglie

il profondo di radici

scavate negli abissi

il duro della pietra

e le vene del granito

l’oro che brilla al sole

e il puro dell’acquamarina

 

e non più le parole d’uomo

recluso in una cella,

non l’urlo a sprofondare

di un angelo caduto,

non l’afonia di lingua

di chi parlava alto

quando in ogni dove

c’era ancora Dio.

 

FRANCESCO PALMIERI

Bella Ciao

Tag

 

«Una mattina mi son svegliato
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
una mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.

O partigiano, portami via
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.

E seppellire lassù in montagna
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
mi diranno “Che bel fior!”

E questo è il fiore del partigiano
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà.»

 

 

Giulio Giadrossi, “Dati sensibili”, Terra d’ulivi Edizioni, 2024.

Tag

,

 

*

Hanno già cantato tutto

i fiori non colti

i motel dai materassi pruriginosi

i capoversi sghembi

le rime slabbrate

i laghi negli occhi

i mari svuotati

le amarene sul gelato

ma noi rimaniamo ancorati

nei batuffoli ineffabili della parola

 

*

C’è un processo di indagine del reale

non indifferente

nei tuoi passi a tentoni

nel soffiare le bolle di sapone

nel separare la buccia dalla polpa

nella teoria dei tuoi respiri

in cui l’apnea e il rilascio

sono i capoversi

di un soppesare il mondo

ogni giorno

con rinnovata meraviglia

farsi misura di tutte le cose

anche quelle più misteriose

del fuorigioco non fischiato

dello spandimento sul soffitto

dell’equilibrio di un soffritto

della serie di Fibonacci

nei broccoli in frigo

 

*

Combattiamo guerre di posizione

su letti a una piazza

su piastrelle

scelte da madri

in case non nostre

su fazzoletti di cielo

che vediamo oltre il vetro

in tramonti albicocca

in base agli straordinari

 

*

Mia nonna è un soggetto rivoluzionario

le seppie al sugo

il rosso della casa

le lettere di protesta

all’amministratore condominiale

la marcia che non entra

le ferite di una guerra

combattuta nel silenzio

nel residuo di un tempo

che si affolla

sul ricamo

di giorni

che dell’eterno

hanno solo il peso

sollevato nei ritagli

di un pomeriggio

osservato

da un terrazzino

di begonie in fiore

 

*

Non sono troppo convinto

dei baci non dati

dei parcheggi in salita

delle diete a zona

dei paradisi fiscali

delle chiamate senza risposta

trovo un senso soltanto

nelle briciole di parole

nei bachi da seta

che intessono indefessi

trame di possibile

 

*

Ciò che mi manca

è una nuvola di ciambelle

un invito a cena

una scatola in cui dormire

una barba di zucchero filato

una sciarpa di glicini

un gatto che dispensa consigli

un leone che divora gli sbagli

 

*

La mia colf ha un viso costellato di rughe

una cartografia di pianti e notti insonni

per 8 euro all’ora senza contratto

sa stirare ed ascoltare

l’esile incanto di coincidenze aggiustate

come lavatrice che singhiozza il bucato

il più ostinato rimpianto è come lo sporco

si scioglie a fatica col tempo

 

Poesie tratte da: Giulio Giadrossi – Dati sensibili Terra d’ulivi editore, 2024

 

NOTA BIOBIBLIOGRAFICA

Giulio Giadrossi (1988) ha pubblicato la silloge poetica Di stanza a Trieste (Ensemble editore, 2020). Alcuni suoi scritti sono apparsi su Charta Sporca, sul Multiperso di Carlo Sperduti e la rubrica Passaggi di Argo.

Poesia sabbatica: “Presa d’atto”

Tag

,

 

PRESA D’ATTO

 

ci si deve far bastare

il luccichio dal cascame,

dal cumulo di foglie

cadute da un altrove

 

(e non dico il cielo

o altro spazio aggiunto

ma un attimo feriale

che speri volga al meglio)

 

ci si deve abituare

a recitare addii,

a sentire i saluti

dei passi morituri

 

(e non guardare indietro

scrostare ogni ricordo

il peso che zavorra

ancora qualche rosa)

 

si deve infine stare

su questo rasoterra,

viaggiare su binari

in piano orizzontale,

lasciare ogni cielo

all’alzo di ali vere

 

(eppure io lo so

che a volte è inevitabile

l’insorgere di violini

in scoppio in fondo al mare)

 

FRANCESCO PALMIERI

(dalla raccolta “Il male nascosto” Edizioni Terra d’ulivi)

Monumento al mare: William Ellery Channing

Tag

, , , ,

Monumento al mare

William Ellery Channing (1818–1901), americano (foto web)

CANZONE DEL MARE
(Traduzione di Emilio Capaccio)

Va la nostra barca libera alle onde,
sulla curva della marea, ove si frange il flutto ricciuto,
come traccia di vento su bianchi fiocchi di neve:
via, via! È un sentiero sul mare.

Possono infuriare le raffiche — far tendere la vela,
perché i nostri spiriti sanno strappare al vento la forza,
e le nubi plumbee cedono alla mente solare,
non temiamo il turbine della burrasca.

Onde sulla spiaggia e schiuma marina selvaggia,
con un balzo, uno scatto e un urrà improvviso,
dove l’alga si lega alla sua dimora,
e gli uccelli marini si bagnano sulle creste spumose,
onda dopo onda, s’arricciano,
mentre bianca la sabbia dalla riva acceca.

*

SEA SONG

Our boat to the waves go free,
By the bending tide, where the curled wave breaks,
Like the track of the wind on the white snowflakes:
Away, away! ’Tis a path o’er the sea.

Blasts may rave,— spread the sail,
For our spirits can wrest the power from the wind,
And the gray clouds yield to the sunny mind,
Fear not we the whirl of the gale.

Waves on the beach, and the wild sea-foam,
With a leap, and a dash, and a sudden cheer,
Where the seaweed makes its bending home,
And the sea-birds swim on the crests so clear,
Wave after wave, they are curling o’er,
While the white sand dazzles along the shore.

“Altre Stagioni di morte e di amore” di Ester Guglielmino

Tag

, , ,

Dalla Nota dell’autrice alla raccolta Altre Stagioni di morte e di amore, PlaceBook Publishing, 2024

“Arriveranno altre stagioni, e noi staremo ad aspettarle. Col naso in aria, affacciati alla finestra e con quella voglia continua di cambiare il ritmo di ogni giorno. Torneremo a desiderare la primavera col suo profumo fresco e il taglio sbarazzino, l’opulenza dell’estate con i suoi fianchi larghi e colmi di splendore, ci innamoreremo dell’autunno col suo cappello a cono e il bastone d’ulivo ritorto che batte foglie morte, anche l’inverno infine tornerà a cullarci col suo vento freddo e a baciarci con le sue labbra secche, bruciate dalla neve. Seguiremo il tempo e il suo eterno movimento, perché è così che si stempera l’inganno della vita, perché è così che si compie da sempre il nostro viaggio.”

La raccolta si articola in 4 sezioni intitolate a ciascuna stagione dell’anno, di seguito quattro poesie scelte dalle sezioni “Primavera” e “Autunno”.

Primavera, I e II

Non cantai la mela
ma il morso inciso
nel bianco della polpa,
non la luna piena
ma lo spicchio sottile
nel cielo nero nero,
non cantai il frutto
ma il destino scritto
del fiore appena colto,
non la gioia del saluto
ma ogni partenza
e il suo dolore muto,
e se non cantai mai
la pienezza
è perché la poesia
carezza
il vuoto asciutto
che sta
nella mancanza.
*
Ti porto la parola storta
cresciuta sopra i rami,
il caffè versato caldo
sul bianco del ricamo,
ti porto i piedi nudi
sul ciglio della strada,
l’inciampo irriverente
sul dorso del mio nome,
ti porto nel mio mondo
ch’è poco più di niente,
aperto come un tronco
ch’aspetta un nuovo fiore.

Autunno, IV e IX

Siamo della madre
che non ci ha voluto
del padre distratto
dell’amore sbagliato,
siamo dell’altro.
Di ogni giudice
che ha condannato
il nostro torto,
di ogni prete che
ci ha ascoltato, e poi
non ci ha assolto.
Siamo del maestro
che ci ha ammaestrato,
del figlio sbagliato,
siamo – volto contro volto –
di ogni passante
che ci ha incrociato

-per strada –
ma non ci ha mai
guardato.

*
Ho palpebre spesse, più del sorriso
dell’ultima volta che t’ho visto;
il passo svelto, non cadenzato
sulla lunghezza dello sguardo
e neve sul collo che gela i nervi
e serra gli occhi agli angoli d’intorno.
Mi affaccio ancora alla finestra –
la domenica mattina – e guardo fuori:
c’è un sentiero di parole che fiorisce
sul ramo muto della tua voce.

Versi trasversali: Riccardo Mazzamuto

Tag

,

 

Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, grey and blue (1921)

 

La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …

RICCARDO MAZZAMUTO

Continua a leggere

Poesia sabbatica: “Se il cielo resta muto”

Tag

,

 

SE IL CIELO RESTA MUTO

 

non ho più preghiere

da offrire in olocausto

 

non ho più preghiere

 

e allora sia interminata

ogni bufera, vento,

tempesta che ci squassa

 

ed io uno dei tanti

lasciati alla tormenta

 

eppure l’ho chiamato, dio,

fermandomi nel banco

a messa già finita

 

e il segno l’ho aspettato

 

magari solo il nome

o la risposta breve

di un  dietro alle spalle

 

ma se non c’è soccorso

a stragi da macello,

come può darsi in cielo

un tramestio di passi

a me che busso piano

 

anzi, non busso più.

 

FRANCESCO PALMIERI 

(dalla raccolta “Il male nascosto” – Edizioni Terra d’ulivi)

 

Nunzio Di Sarno, “Ellenika”, Eretica Edizioni, 2023

Tag

,

LA NAVE

La nave
Il capodoglio d’acciaio
Dal grasso ventre
Mi culla e mi protegge
Nel suo utero
E mi riporta in mare
Sale di sangue e sudore
Un palmo dall’infinito
Un piede dall’abisso
Luci e ombre
Danzano nell’onda

MURO

Il torto subito
Non è che l’istantanea
Di ciò che c’è dietro

Dove il vento si cheta e
La spuma non può più
Nascondere il fondo

In connessione –
La compassione
È coscienza di sé

PAXOS

La grossa pancia nuda di Athanasios
Sovrasta la seta e il lino delle famiglie
Ingiacchettate che scendono dagli yacht
I cristi incastrati tra i peli le benedicono
Insieme al muso duro che al bisogno
Si piega o si dilata ma non per noi
Che dobbiamo chiedere tre volte
Stremati col buio alle spalle di nuovo
Lo imploriamo e il santo esaudisce
La preghiera pura del viandante

Così ci accucciamo in tenda senz’acqua
Né un cesso per la notte se non il mare
Nella lingua di terra tra merce e tavoli
Mentre su altri binari e tappe condivise
Eleonora s’inebria di simboli e parole
E dorme serena lontana dai vicoli
Tea in fuga perenne prepara la strada
Al cuoco afghano e alla nuova identità
E Gaia smussa le rigidità nelle giravolte
Tra nord e sud e concima con le lacrime

ATTESA

Forse il viaggio
È proprio questo –
Sentirsi perduti

Camminare senza meta
Nella canicola che pesa

Sudati senz’acqua solo
Pane e miele del mattino
Tre carote nello zaino

Chiedere nel dubbio
Pur sapendo che
Ogni informazione
Non porterà a niente

Lo scrigno si schiuderà
D’improvviso lì dove
Si rischia la morte
E si ritrova la vita

Accogliendo l’ombra
Che ridà forma
Ai pensieri

Da soli
Solo da soli
La disperazione
Diventa totale
E cede il posto
All’infinita gioia

Tutto da sé
Tutto per sé
Tutto per tutto

FILI

Il dubbio sul da farsi non regge
Quando il richiamo intona il canto
Che mi scrolla di dosso le proiezioni
Pure se il colon mi torce la gola

I passi non pensano più
Comanda il suono

Che guida sull’asfalto
Sulle rotaie e sulle onde
Apre all’ignoto sfilacciato
Che s’intesse dolcemente
Andando

E il viso dorato di Georgia
È l’epifania non cercata
Svelata in una risata
Che sposa tre lingue
E stabilizza potenziando
Le future trasmissioni

E quanto sepolto rimanga
Il bagliore dagli anni
Non so dire
Se nel ricordo
Ritorna uguale l’onda
E scorre dentro e fuori
A mostrarmi cos’è l’eterno

Testi tratti da “Ellenika” di Nunzio Di Sarno, Eretica Edizioni, 2023

Poesia sabbatica: -25-

Tag

 

-25-

 

ho già occhi

 

di notti che non dormo,

i mattutini estivi

di una superflua luce

 

(non ci sei tu

e neanche ci sarai

perché lo so

che questa è terra

di vita allucinata

di ombre lievi in fuga

appena si fa giorno

e sono solo pieghe

le piume sul cuscino)

 

ho già le cifre

di un marmo da scolpire,

l’oro sopraffino

che scriverà il tuo nome

 

(e tu sarai un foglio

di rosso sangue e fiori,

il primo verso tremulo

di una poesia d’amore)

 

ho già tutta la vista

da me alla tua stella

 

ma io rimango qui

spezzato dietro a un vetro

 

e tu ad anni luce

in qualche firmamento.

 

 FRANCESCO PALMIERI 

(dalla raccolta “Solo poesie d’amore” quando andrà in ristampa, forse)

Monumento al mare: Sarah Teasdale

Tag

, , , ,

Monumento al mare

Sara Teasdale (1884-1933), americana (foto web)

NOSTALGIA DEL MARE
(Traduzione di Emilio Capaccio)

A mille miglia oltre questo muro inondato di sole
Da qualche parte le onde strisciano fresche lungo la sabbia,
La bassa marea abbandona la terra indolente
Con l’antico mormorio, lungo e musicale;
Grevi di vento s’ergono le onde, si curvano, ricadono,
E attorno agli scogli la schiuma esplode come neve —
Ma benché lontana nell’entroterra, sento e riconosco,
Perché sono nata eterna schiava del mare.
Lì vorrei essere e rotolarmi addosso
La fredda insistenza della marea,
A spegnere questa cosa ardente che chiamano anima —
Dopo con la risacca trascinarmi alla deriva
Essere meno del più piccolo guscio lungo la secca,
Meno dei gabbiani che strillano al mare.

*

SEA LONGING

A thousand miles beyond this sun-steeped wall
Somewhere the waves creep cool along the sand,
The ebbing tide forsakes the listless land
With the old murmur, long and musical;
The windy waves mount up and curve and fall,
And round the rocks the foam blows up like snow, —
Tho’ I am inland far, I hear and know,
For I was born the sea’s eternal thrall.
I would that I were there and over me
The cold insistence of the tide would roll,
Quenching this burning thing men call the soul, —
Then with the ebbing I should drift and be
Less than the smallest shell along the shoal,
Less than the sea-gulls calling to the sea.

“Divenire” di Valentina Marzulli, Eretica Edizioni, 2023. Una lettura di Rita Bompadre.

Tag

,

“Divenire” di Valentina Marzulli (Eretica Edizioni, 2023 pp. 60 € 15.00) cattura l’energia ispiratrice dello svolgimento del tempo intorno al passaggio esistenziale del mutamento. La poetessa intuisce nel divenire qualcosa che diviene, nel movimento interpretativo della realtà, che si manifesta e si dissolve nelle contraddizioni emotive, non disperde l’essenza originaria dell’evoluzione passionale ma la rinnova. Continua a leggere

Buona Pasqua con David Maria Turoldo

Tag

,

Buona Pasqua di resurrezione con la poesia “Ma quando da morte” di David Maria Turoldo

Ma quando da morte passerò alla vita,
sento già che dovrò darti ragione, Signore,
e come un punto sarà nella memoria
questo mare di giorni.
Allora avrò capito come belli
erano i salmi della sera;
e quanta rugiada spargevi
con delicate mani, la notte, nei prati,
non visto. Mi ricorderò del lichene
che un giorno avevi fatto nascere
sul muro diroccato del Convento,
e sarà come un albero immenso
a coprire le macerie. Allora
riudirò la dolcezza degli squilli mattutini
per cui tanta malinconia sentii
ad ogni incontro con la luce;
allora saprò la pazienza
con cui m’attendevi, a quanto
mi preparavi, con amore, alle nozze.

Poesia sabbatica: 22 (Canzonetta)

Tag

 

22 (Canzonetta)

 

è un dolore troppo dolore

quello chiuso in una stanza

e la chiave,

la chiave l’ho cucita dentro a un polso,

per non lasciarla in giro

sul tavolo in cucina quando ho fretta

o sopra al comodino con la luce dimenticata accesa,

 

è un dolore nascosto,

un buco alla parete che sopra ci metti un quadro

magari con il mare che fa azzurre anche le fosse

o anche un crocifisso ma senza Cristo

perché lui è risorto e poi non s’è più visto,

 

è un dolore fragile,

che se lo guardi in faccia lui si fa bambino

ma senza madre e padre a tacere la paura,

neanche un angelo custode

a spegnere la luce, chiudere la porta,

lui fa le smorfie dure, poi dice sono un uomo

ma sente in qualche posto un piangere di stelle,

 

è un dolore che non ha nulla di speciale,

il dolore è dolore e non è a chili e neanche a metri,

il dolore è dolore

e comunque fa male.

 

FRANCESCO PALMIERI

“Esame di coscienza” di David Maria Turoldo

Tag

,

 

Cosa è quel gridare di cani nella notte,

quell’ululare da cascinale a cascinale

quando una mano di nuvola

oscura la luna?

Cosa quel contorcimento di querce e d’eucaliptus,

quello scricchiolio di bosco

quando neppure un dito di vento

muove una foglia nella foresta?

E tuttavia tu devi premere le mani alle orecchie

per non udire il micidiale silenzio.

E’ mezzanotte, mezzanotte, uomini!

E poi l’una, e poi sono le due

e bisogna resistere almeno fino all’ora terza,

che un barbaglio di lume filtri tra ramo e ramo

o tagli la fronte al cupo grattacielo

immobile cadavere di cemento.

Questo non è tempo dei vivi,

questo è il tempo del tempo

eternità del tempo

tempo di pietre in lacrime,

del sudore di sangue dalle rocce,

del gemere implacabile del mare.

Tempo di Getzemani del mondo,

tempo dei crocefissi che grondano sangue

chiazze di sangue intorno ad ogni croce

mentre tutte le chiese dormono.

Tempo dei morti in cammino per tutte le strade

per i sentieri dei campi, per i deserti

ognuno a cercare una casa, un familiare, un amico,

ognuno a cercare la bandiera

in cui aveva creduto.

E non c’è più una casa, non un vessillo.

Sul monumento è ancora issata la svastica.

No, i morti non sono morti

e i vivi non sono vivi.

Non ci sono che uccisi e assassini.

Non un metro solo di terra

che non porti l’impronta di una vittima,

la sagoma nera di un caduto sotto la clava

o schiacciato come un cane sull’asfalto;

oppure che non ci sia sotto la polvere

una chiazza di sangue:

la montagne sono pietrificate

la polvere è cenere.

E che non si alzi il vento

che non si alzi il vento, uomini,

perché avrete nella gola la cenere

dei vostri uccisi.

Invece

al mattino potete fare molti gargarismi,

è igienico: e poi lavatevi,

e poi non pensate:

è l’unica scelta per non impazzire.

E non uscite dalle vostre tane,

tenete sprangata la porta

ben tappate ante e finestre.

Tiratevi anzi il bianco lenzuolo sul capo

e prendete sonniferi dal farmacista e dal prete;

ormai la partita è perduta.

Oppure restate nei nights

e suonate le trombe degli ultimi jazz

e tenetevi buone tutte le ‘geishe’.

O grandi capitani

uomini d’industria, voi

fabbricanti di atomiche,

uomini bianchi come cadaveri

siamo tutti ugualmente nazisti!

Resistete almeno fino ai primi raggi dell’aurora:

poi tutta la città comincerà a muoversi

poi nessuno si illuderà di essere solo

e di avere paura;

poi nessuno si guarderà dentro.

E qualche bambino, ignaro vi sorriderà.

 

David Maria Turoldo, “Il sesto angelo: poesie scelte (prima e dopo il1968)”, Oscar Mondadori Poesia, 1976.